Indagine Maria Antonietta Macciocu

29.04.2025

1. Quando hai iniziato a scrivere?

Circa 15 anni fa, appena andata in pensione. Così, per mio piacere, poesie e alcuni racconti per dei libretti che preparavamo come gruppo di donne su argomenti quotidiani e storici. Non pensavo di pubblicare, ma il destino era in agguato. Al Salone del libro di Torino, a una presentazione della mia carissima amica Bianca Pitzorno, incontrai un'editrice sarda, che mi chiese di mandarle le poesie. Avevano tutte come protagonista la Sardegna. Il libro uscì un anno dopo, era il 2010. Poiché il 2011 si sarebbe festeggiato al Salone del libro di Torino il centocinquantesimo Anniversario dell'Unità d'Italia, l'editrice mi chiese di scrivere un romanzo storico su quegli anni. Lo facemmo, io e Donatella Moreschi in tempo record, in nove mesi una saga di cinquecento pagine di Storia sardo-piemontese raccontata dalla parte delle donne. Piacque molto e ancora mi chiedono in tante perché non venga ripubblicato.

Approdai al giallo tre anni dopo, sollecitata dalla coautrice Donatella Moreschi. Ero incerta, anche se accanita lettrice di gialli fin da ragazzina, e convinta che ogni buon libro richieda una base di tecnica gialla e noir. Quale libro ci attrarrebbe se non ci fosse l'attesa e il mistero dei fatti e dei comportamenti, pur senza un assassino da scoprire? Un bravo scrittore deve sempre suscitare suspence.

I personaggi, i primi di una trilogia, li aveva già tratteggiati Donatella, insieme con abbozzo di trama. Mi inserii con tanti dubbi, in fondo io amavo narrare storie nella Storia.

Mi convinse Margherita Oggero, "magari il successo verrà da loro" mi disse. Fu buona profeta: vincemmo la pubblicazione in un concorso importane, con una giuria composta da Pandiani, Simoni, Strukul, Alessandra Selmi dell'agenzia Lorem Ipsum e altri noti che non ricordo.

Nel 2018 sentii l'esigenza di scrivere da sola, facendo tesoro del mio impegno contro la violenza sulle donne con Senonoraquando?Torino. Nacque "Tango Rosso", storia di una dipendenza sotto forma di noir dei sentimenti, che vinse il primo Premio Letterario Città di Torino.

Tornai a scrivere in compagnia due anni fa, "Come lupo nella pioggia" è un noir scritto con Ernesto Torta, in cui la storiaccia serve per parlare dei mali nascosti della provincia, della discriminazione della società, del potere, della condizione delle donne.

Ora è in cantiere il secondo, con storie diverse ma uguali personaggi. L'intenzione è di fare una trilogia.

2. Come costruisci i tuoi personaggi e la tua trama?

A spiegarlo ci vorrebbe un analista. Personaggi e trama s'insinuano in modo apparentemente labile, il più delle volte dalla fine, per una suggestione spesso imprecisata, legata magari a un fatto accidentale, a una musica, al verso di una poesia, a un sogno. Mi si affollano ombre confuse e spesso la frase conclusiva del romanzo, che quasi sempre è quella giusta. Poi penso a un incipit che mi attirerebbe in un libro di altri. La trama e i veri personaggi nascono poi, a poco a poco. Incomincio e seguo un flusso, vado, vengo, aggiusto perché quello che ho scritto combaci in tutti i suoi punti. È allora che i luoghi e i personaggi richiedono spessore, presenza, realtà, devono interagire tra loro. I personaggi devono diventare persone, palesarsi a poco a poco nella loro realtà esteriore, storica, esistenziale. Devono abitare spazi che diventino visibili, verosimili. Comincia così il processo di immedesimazione, che forse si rifà ai miei studi teatrali. Non scrivo ma la storia prende corpo dentro di me: faccio il letto, la spesa, preparo il pranzo, cammino ma di me c'è solo l'involucro, perché divento la persona che devo descrivere nei comportamenti e nei sentimenti. A volte la storia si dipana da loro, a volte dagli ambienti, e non so mai dove andrà a parare. I miei contenuti sono in fieri fino alla fine e a volte oltre, alcuni finali sono ambigui, riflettono le contraddizioni della natura umana e le beffe della vita, che non mette mai un punto fermo.

3. Quanti libri hai scritto finora e quanti ne hai pubblicati? Casa editrice o self-publisher?

Ho scritto nove romanzi, tra cui una trilogia gialla, un noir dei sentimenti e uno sociale, un libro di poesie, ho curato un'antologia di poesie contro la violenza di genere e sono stata la voce narrante di un libro che racconta i primi dieci anni di lavoro dell'Associazione Senonoraquando?Torino. Molti miei racconti sono inseriti in antologie. Non ho mai utilizzato self-publisher o case editrici a pagamento, ho sempre avuto regolari contratti.

4. Quale dei tuoi libri hai trovato particolarmente difficile da scrivere?

"Mia Stella caduta", che racconta la mia generazione dal mio punto di vista, e pur non essendo autobiografico, risente della mia esperienza di sessantottina, aspirante rivoluzionaria, femminista storica, donna divisa tra lavoro, figli, famiglia, donna matura che affronta la vecchiaia. Raccontare una vita intensa, anche se attraverso il filtro della letteratura, ti pone sempre davanti a interrogativi scivolosi e complessi.

5. Quale parte del tuo libro ti ha creato maggiori difficoltà?

Il difficile rapporto di Fiorenza con la madre, l'addio alla terra e alla casa familiare pagando l'autonomia a caro prezzo, il rapporto con la politica e l'amore e soprattutto con la memoria, che tutto ricorda e molto travisa, quando vuole diventare letteratura.

6. Con quale dei tuoi personaggi ti identifichi facilmente? Perché?

Direi con moltissimi: Fiorenza di "Mia Stella caduta" perché ricalca mie esperienze, Giulia di "Tango Rosso" perché io sempre affascinata da uomini travolgenti e pericolosi, Rossella di "Petalie" in cui rifletto molte mie scelte. E anche negli uomini di cui scrivo.

7. Quanto è durata la tua ricerca per il libro?

Faccio ricerche per ogni libro. Sono pignola, e se utilizzo notizie, o fatti, o ricette o qualsiasi altro, mi devo assicurare di non sbagliare. Poi lo sbaglio ci scappa, ma non per sciatteria. Per il romanzo storico ho letto e consultato libri, articoli, riviste di moda, piantine geografiche, cercato musica, testimonianze dirette, modi di vivere nei 150 anni che raccontavo. Comunque, tra un romanzo e l'altro passano circa due anni.

8. Ci sono personaggi nei tuoi libri che hanno delle somiglianze con te o con persone che conosci?

Sempre e comunque. In realtà, anche se non posso essere tutte e tutti, perché ci vorrebbero cento vite, ogni personaggio fa parte di persone che ho conosciuto, o direttamente o attraverso le confidenze ricevute. Ho avuto fin da piccola l'abilità di far parlare anche le pietre. Che cos'è in fondo chi scrive se non un Dracula che succhia il sangue delle persone in cui incappa?

Madame Bovary c'est moi, diceva Flaubert.

9. Il tuo personaggio principale è una persona con cui normalmente andresti d'accordo?

Dipende. Con quelli più vicini a me, come Fiorenza, ci cozzo ogni giorno. Abbiamo lo stesso impulsivo carattere. Con Giulia mi sarei spazientita e arrabbiata perché scambiava le angherie di un uomo per amore. Andrei d'accordo con Loretta di "Come lupo nella pioggia", perché si prodiga per le donne e per gli esclusi dalla società. Ma soprattutto andrei d'accordo con Sibilla, un personaggio di "Petalie" che attraversa tutto il Novecento e i primi anni del 2000, aprendo gli occhi alla vita e alla storia con una lucidità e autonomia che la portano a scelte coraggiose. Non sono riuscita a farla morire, l'ho lasciata ultranovantenne a dire ancora parole di luce. Perché per me lei rappresenta l'illuminismo, la luce della ragione che stiamo perdendo, in un mondo noir confuso e in balia di senza scrupoli, incapace di far tesoro di quel pensiero del passato che ha portato una svolta nella società.

10. Sviluppi i tuoi personaggi mentre scrivi oppure li conosci già prima di iniziare a scrivere?

Come ho detto prima, non conosco nessuno prima di "sentirlo" interpretandolo. In realtà loro hanno vita autonoma, disubbidiscono, mi sfuggono di mano, mi costringono ad accogliere altre realtà. Nella lotta tra me e loro vincono sempre loro. Una volta un personaggio di un romanzo non decollava mai. Era sempre scialbo. "Facciamolo morire" mi disse la coautrice Donatella Moreschi. Mi misi d'impegno. E invece lui sfuggì alla nostra condanna, si attivò, trovò un amore, divenne vivo cambiando lo svolgimento dei fatti.

Sarà stato uno scherzo dell'inconscio?

11. Cosa ti aiuta a concentrarti mentre scrivi?

Lo scrivere. Scrivo pure se c'è chiasso, con la televisione accesa, col cellulare che lampeggia. Entro in una bolla, immersa nel mondo che a poco a poco si crea e mi trascina con sé.

12. Com'è il tuo spazio di scrittura?

Posso scrivere solo su iPad, stravaccata sul divano o su un letto. Lo spazio comunque non è tanto fisico quanto immaginario, quel modo in cui sono altrove, pur tra tanta gente. È un luogo di libertà, di audacia, di felicità. La trasgressione che amo tanto.

13. Hai mai viaggiato per raccogliere più informazioni per il tuo libro?

Moltissimo. Devo vedere, toccare, sperimentare. Se non viaggio direttamente, viaggio con l'informazione e la cultura, come per l'Argentina in cui mando Giulia. Ho cominciato a scrivere l'ultimo noir, fatto con lo jesino Ernesto Torta e ambientato a Jesi, senza conoscere la città. La descriveva lui. Ma a me non bastava, e sono partita per scoprirla. Ho camminato nelle strade, sentito il polso dei luoghi, mangiato i piatti tipici che avevo già inserito nel romanzo attraverso le ricette.

14. Cosa ti aiuta a rilassarti mentre scrivi?

La musica. Amo pazzamente Cohen e De Andre' e i cantautori della mia generazione. I miei romanzi sono spesso accompagnati da vere e proprie colonne sonore.

15. Secondo te, cosa rende una storia spettacolare?

L'attesa di cosa avverrà, che prende anche me, dal momento che non uso scalette prestabilite. Il lato avventuroso della vita e il lato oscuro, il rovesciamento delle aspettative. L'atmosfera degli ambienti. Il bene e il male che ci abitano dipendono da noi se metterlo in cantina o dargli aria. E la scrittura: deve essere sintetica ma non basica, curata, comprensibile e musicale, rotonda e non aguzza, anche quando racconta l'orrore.

16. In quale momento della giornata scrivi di più?

Al pomeriggio e alla sera, perché sono più libera. Ma posso farlo in ogni momento, quando mi viene un'idea da tradurre in parole. A volte se proprio non posso scrivere prendo appunti su qualsiasi pezzo di carta che mi capita sottomano, da utilizzare più tardi.

17. Chi sei quando non scrivi?

Una signora d'età che non si sente l'età, neanche lo specchio e il mal di schiena riescono a convincermi che non sia la ragazza di sempre. Sono curiosa, attiva, mi diverto, rido e spesso m'incazzo, perché ho un carattere fumantino e istintivo. Leggo molto, amo il cinema e il teatro, mi piacciono le novità e le sperimentazioni. Mi piace stare sola con la mia vita interiore. Col tempo ho l'esigenza di selezionare le amicizie, non ho ore da perdere con abbagli. Sono esigente con l'amicizia perché è un tesoro, e va coltivata con attenzione.

18. Come stabilisci i nomi dei tuoi personaggi?

Dipende. In "Petalie" i nomi riflettevano i luoghi e i tempi: Teresa piemontese e Eleonora sarda per l'Ottocento, Ada, Margherita cantante lirica come Marguerite Gautier che ha ispirato Violetta della Traviata, Rosa da un noto feuilleton sardo, Sibilla in onore di Sibilla Aleramo, per la prima metà del Novecento; Rossella in onore di "Via col Vento", Anita la rivoluzionaria come Anita Garibaldi, Futura dalla canzone di Lucio Dalla, tra la seconda metà del Novecento e il 2000.

Giulia di "Tango Rosso" in onore alle giornaliste di Giulia, che portano avanti la parità di genere. Loretta di "Come lupo nella pioggia" perché è il nome della Madonna di Loreto molto usato a Jesi. Lo stesso criterio vale per gli uomini. Non puoi chiamare un milanese Gavino o un sardo Nené. La scelta dei nomi è molto importante, deve adattarsi ai personaggi.

19. Cosa ti ha ispirato nell'ambientazione del tuo libro?

Parlo dell'ultimo noir "Come lupo nella pioggia". Mi ha ispirato Ernesto Torta, che faceva spesso cenno alla storiaccia in cui era stata coinvolta una zingara quando lui era bambino. Il piacere di raccontare la provincia. E la voglia di raccontare il presente in tempo reale, attraverso situazioni e personaggi, lasciando la cronaca ai giornalisti.

20. Qual è la cosa più difficile nello scrivere un personaggio del sesso opposto?

Per me non è difficile, penso di conoscere abbastanza gli uomini. Anche se a volte mi sbaglio. Scrivere con Ernesto serve anche a questo: attribuire erroneamente al genere opposto comportamenti che non sono tipici. Ne parliamo e correggiamo il tiro. Ci vorrà tempo perché uomo e donna si capiscano nelle reazioni, nonostante le buone intenzioni.

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